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Dalla farina al pane

Una lunga storia che ci accompagna..

Il pane sazia, fornisce energia e si accompagna bene a qualsiasi altro ingrediente. Si può mangiare a colazione con una buona marmellata o una crema spalmabile aggiunta sopra, si può gustare a pranzo e a cena insieme a contorni e ai più svariati secondi piatti ed infine anche a merenda per spezzare la fame in modo rapido e genuino.


Per queste sue peculiarità è sempre stato nel corso dei secoli alimento principe che ha accompagnato la storia dell’umanità di qualunque ceto sociale e anche indiscusso protagonista nei grandi momenti di carestia. Spesso era l'unico alimento con cui sostentarsi.


Basterebbe fare un salto temporale al 1600. Il popolo era gravemente affamato ed il pane era impossibile da trovare oppure quando lo si trovava era praticamente immangiabile in quanto impastato con cenere e sabbia.


Un pezzo di pane era in quel periodo un bene decisamente prezioso ed il sistema di approvvigionamento delle derrate di grano che doveva assicurare un minimo rifornimento al popolo faceva capo all’Annona.

Questo però come già accedeva nei secoli precedenti era in capo ai fornai, forti di un potere a loro accordato da mercanti e funzionari. Ovviamente questi ultimi non facevano altro che lucrare a scapito della popolazione piegata alla povertà.


Per ovvie ragioni il pane fu un indiscusso protagonista in quasi tutte le città d’europa nel corso dei secoli ed oggetto di innumerevoli sommosse popolari.

La carenza di pane era un incubo e anche causa di rivolte della popolazione come nel caso della Rivoluzione Francese. Anche nelle nostre zone del Lecchese il Manzoni ricorda la famosa ”Rivolta del Pane” descrivendo l’assalto del forno di Milano nel 1628. Mercanti e funzionari del Regno spesso speculavano con forti organizzazioni di potere generando anche fenomeni di contrabbando.


Le rivolte per quanto ci racconta la storia ebbero in alcuni casi anche un gradito risultato, come la creazione di centri di distribuzione alimentare dove venivano messe in vendita farine di buona qualità a prezzi politici.


Anche alla fine della seconda guerra mondiale il pane era distribuito con una speciale tessera alimentare, al fine di generare un’equa distribuzione a tutte le persone, anche se poi alla fine, anche in quel caso, venne a crearsi una sorta di mercato nero del pane.


Prodotto base dell’alimentazione in quasi tutti i secoli esso si ottiene come ben sappiamo dalla cottura di una miscela di frumento o di altri cereali con acqua, lievito, sale e altri ingredienti che ogni volta gli conferiscono un diverso particolare sapore ed aroma.


L’ingrediente principale del pane è ovviamente la farina, ma in pochi sanno che prima dell’importazione dall’Africa era fatto con il farro. Se dunque ora chiamiamo farina qualunque cereale macinato, un tempo, il termine era invece ricondotto proprio al farro. Dal farro si ricavavano focacce non lievitate, il grano invece conferiva una maggiore qualità, ma giunse solo nel V Sec.


Il lievito veniva preparato una sola volta l’anno con il mosto d’uva unito ad acqua e farina.


Va ricordato che ai tempi in cui i Romani ancora si nutrivano di una semplice pappa di farine ed i Greci di una specie di sfoglia cotta al fuoco, gli Egizi già applicavano da tempo quella che solo in epoche più recenti sarebbe stata appunto la “lievitazione naturale” mettendo in tavola pagnotte gonfie ed appetitose.

Ogni panificio aveva proprie macine di pietra e venivano utilizzati anche altri cereali come orzo, ghiande e castagne e veniva cotto o sotto in casa in una campana sotto la cenere oppure sopra vasi o pietre arroventati.


Nel Medievo ogni signore possedeva un forno, un mulino e persone dedicate per lavorare il pane. Ai contadini venivano imposti i forni dei feudatari a mezzo del pagamento di una tassa. Fu grazie però alla religione Cristiana che ebbè ancor più rilievo e nacquero le cooperazioni di fornai come artigiani indipendenti. I forni furono modificati e realizzati con due camere, in quella inferiore ardeva il fuoco e in quella superiore veniva posto il pane separandolo dai prodotti della combustione.


Tempo e tecnica giocarono a favore della panificazione aumentandone la qualità fino a giungere ala fermentazione alcolica per la formulazione di lieviti ancor più efficaci e particolari spaziando con innumerevoli variabili di gusto.


Se i nobili inizialmente predilegevano un pane più raffinato col tempo si piegarono alle qualità proprie di pani più grezzi in quanto paradossalmente si conservavno più a lungo mantenendo la loro morbidezza e fu allora che i Monasteri incominciarono a renderlo più diffuso anche nella nobiltà diffondendolo in tutto il mondo.


Un’usanza portata avanti fino a non molto tempo fa (sin dall'epoca romana) era quella che ognuno impastasse il proprio pane e poi andasse ad infornarlo nell’unico forno comune presente nel proprio quartiere. Per riconoscere la propria pagnotta, prima della cottura si facevano fare particolari tacchette incise sulla crosta o sul bordo. In alternativa si faceva un ricciolo di pane con una forma particolare sull’impasto. Solo successivamente questa metodologia lasciò il posto a due dischetti di metallo con un numero identificativo, uno di essi veniva consegnato al proprietario l’altro riposto sull’impasto.


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