Poco significativi alla fine del XIX Sec. sono stati i progressi raggiunti nel campo della meccanica agraria; solo ad iniziare dalla metà dell’ottocento, sulla scia della Rivoluzione Industriale, si riscontrano alcune invenzioni destinate ad assumere nel tempo un ruolo trainante nello sviluppo della meccanica agraria, potendosi registrare anteriormente a questa data solo ingegnosi sistemi rudimentali.
I primi anni del novecento furono ancora caratterizzati dallo sviluppo delle locomobili a vapore. Nel frattempo si facevano altresi strada le prime applicazioni dell’energia elettrica in agricoltura per la trazione funicolare. Il motore elettrico soppiantava progressivamente quello a vapore.
Naturalmente questo doveva prevedere una rete di distribuzione energetica all’interno dell’azienda agricola. Di fatto gli elevati costi di manutenzione e la bassa produttività del lavoro fecero ben presto vagliare altre parallele tecnologie a supporto.
Per favorire l’affermazione delle innovazioni nel settore rurale, di enorme utilità furono i concorsi indetti dal Ministero dell’Agricoltura che non furono solo rassegne di idee e novità ma stimolarono utili dibattiti e rilievi fra i tecnici cosi da far individuare soluzioni a problemi specifici.
E’ dunque in questa particolare sincronia che emergono con maggior forza l’impiego dei motori a combustione interna.. a fianco di soluzioni Americane e Tedesche concorrevano efficacemente proposte Italiane.
Nel 1917 l’Ing Pavesi inventò la prima trattrice, nel 1919 la FIAT incominciò la costruzione dei primi motori a petrolio, nel 1921 la Lanzi introdusse il primo motore semi-diesel a testa calda.
Si affacciarono le prime macchine ad accoppiamento meccanico per la lavorazione dei terreni, per la semina e la raccolta delle produzioni erbacee nonché per operazioni di post raccolta a punto fisso.
Nella metà del Secolo la Gestione Aziendale è stata completamente trasformata per il continuo e massiccio esodo dalle campagne e dunque dell’afflusso di materie prime a chi poi le doveva trasformare, e la meccanizzazione si affermò definitivamente come elemento essenziale per far fronte alle nuove esigenze competitive di un mercato che si andava allargando e che risultava via via sempre più diversificato nell’offerta e mutevole. La crescente necessità di contenere i costi di produzione si faceva pressante.
Si propendeva per una più acuta e razionale utilizzazione delle macchine al fine di sfruttarle nel miglior modo possibile, la disponibilità della tecnologia della sua forza e velocità era in continua evoluzione.
Se da un lato le produzioni agricole propendevano ad aumentare in grandezza le macchine consentivano una sempre maggior capacità di lavoro. Iniziò la graduale meccanizzazione di tutte le operazioni agricole ivi compresa la raccolta. Parallelamente si svilupparono ed affermarono le produzioni industriali, nuovi ordinamenti colturali molto piu elastici ed adatti alle nuove esigenze di mercato.
Mutuandoli dal comparto industriale si iniziarono ad applicare in agricoltura i principi dell’organizzazione del lavoro e dalle macchine come mezzo per ridurre i costi di produzione.
L’escursus cronologico non ha di fatto fine, coinvolgendo di rimpetto i nostri giorni.
Quel che più ci resta, ..nel leggere.., è un’epopea ricca di persone intelligenti caparbie e valide, capaci di affermare il loro ingegno e di sapersi adattare in un mondo in completa e costante evoluzione, che non aspetta.. che corre e non si volta, se non a tratti.
Direte.. ma cosa c’entra il Molino .. beh in realtà molto, se solo abbiamo un secondo per poter leggere attentamente un’articolo, uno dei pochi a dire il vero, che c’è giunto e che oggi, possiamo toccare con mano.
Sono i palmi di persone fondamentalmente estranee ma che col cuore cercano di carpire i pensieri, le preoccupazioni e le aspettative di persone vissute nonostante le avversità..! ormai non più presenti ma che restano prepotentemente nelle mura di quello che per decenni e Secoli, divenne tutto “il loro mondo”.
Come dicevamo, quell’attimo vissuto, portò uno dei mugnai a conservare gelosamente uno stralcio informativo redatto da un giornale dell’epoca, l’ARTIGIANO, siamo nel 1932, vent’otto anni prima della morte dell’ultimo Mugnaio (l’ultimo Maufet), periodo che prelude (in Luglio) sciagure in Valchiavenna; …temporali di inaudita violenza crearono inondazioni pari solo a quelle del 1987 in Valtellina; si registrano ingenti danni all’agricoltura ed alle Famiglie.
Ebbene l’articolo parla esplicitamente della Ditta C.I.M.A (Costruzioni Industriali Marittime e Agricole) di Sesto San Giovanni,… oggi ancor presente ed affermata nella prooduzione di motori elettrici e dinamo.
In quel periodo produceva Motori Diesel da 4 a 60 Cv. di potenza, e nel preludio riporta l’intervento del Sig. Elia Galperti, Membro del Direttorio Comunità Mugnai di Brescia.
In questo articolo si voleva sottolineare, mettendo a confronto le varie tecnologie, come la nascente (siamo ai primordi) dei motori a combustione interna su base “Diesel” potesse, concorrere efficaciemente all’abbattimento dei costi di produzione, applicata ad un convenzionale Molino alimentato ad Acqua o Elettricità.
Si affacciano nuove prospettive, nuovi modi di intendere il lavoro e di adeguarlo alle pressanti esigenze di “sopravvivenza industriale”.
Chiaro dunque il Ruolo fondamentale di questo stralcio, se solo lo immaginiamo come una lettura indiretta dei fatti. Un giustificato disorientamento verso l’affacciarsi della nuova tecnologia, una golosa prospettiva rinnovo del parco macchine per un’accrescimento della produzione. Tutto, non necessariamente al passo con le dinamiche singole che caratterizzavano il microcosmo di una piccola attività.
Il cuore e la saggezza operativa di un uomo che nello scrigno del tempo e del suo buratto conserva con forza una fonte di sapere, resta inchiostro ed un quesito irrisolto o forse più chiaro della stessa luce quanta consapevolezza artigiana, regnasse in lui.
Le successive scelte o forse le consapevoli prese di posizioni nel non adottare per sè, un’investimento “rivoluzionario” e redditizio che, mal si adattava al cuore pulsante di un’ antica macchina; l’hanno conservata, ..l’hanno resa eterna nella sua essenza e nel suo spirito… perché al di la del profitto c’è l’uomo, la sua vita e la sua Storia.
Il tempo fa la ragione e fa i fatti, là dove un tentennamento (perché tale poteva interpretarsi) non è stato uguale per tutti,.. la mutevole cagione che ha portato nei successivi trent’anni alla progressiva dismissione di queste opere meravigliose è forse anche stata non solo “vicessitudine del tempo che muta assieme all’uomo” ma un naturale divenire di concomitanze che manco la tecnologia ha retto nello specifico.
Resta la bontà, “il silenzio non silenzio” di un’occhio che luccica la dove si poggia su strumenti che diversamente non potrebbero far parte del nostro giorno, mostrandosi e raccantandosi attraverso il loro passato a chi lo vuole capire.
Per liberarsi di qualcosa basta una leggera, impalpabile, presa di posizione .. prendersene cura invece richiede interesse e forse anche un’affezione apparentemente ingiustificata, ma sacrosanta.
[Fonte: Archivio fotografico Molino Maufet]